"AVVISO PER I LETTORI": gli articoli rigurdanti J. Krishnamurti verranno raccolti nella pagina secondaria "Jiddù Krishnamutri" creata appositamente...buona lettura!!!
La vita è esperienza, esperienza di relazione.
Non si può vivere isolati; così la vita è relazione, e la
relazione è azione.
E come si può possedere quella capacità di intendere la
relazione, nella quale consiste la vita?
Relazione non significa, forse, oltre
che comunione con la gente, anche intimità con le cose, e le idee?
La vita è relazione, il che si esprime mediante il
contatto con le cose, le persone e le idee. Comprendendo la relazione troveremo
la capacità di affrontare pienamente, adeguatamente la vita.
Pertanto il nostro problema non è la capacità – poiché la
capacità non è dipendente dalla relazione – ma piuttosto l’intendimento della
relazione stessa, che naturalmente produrrà la capacità di corrispondervi,
adeguarvisi, rispondervi prontamente.
Senza dubbio la relazione è lo specchio nel quale si
scopre se stessi.
Senza relazione non si è; essere equivale ad essere
in rapporto; essere in rapporto è esistere.
Si esiste soltanto in relazione: altrimenti non si
esiste, l’esistenza non ha significato.
Non è perché pensate di essere che giungete ad
esistere.
Esistete perché siete in relazione; ed è la mancanza
di relazione che provoca conflitto.
Ora, non si comprende la relazione, perché la si
impiega semplicemente come un mezzo per perseguire le nostre conquiste, le
nostre trasformazioni, il nostro divenire.
Ma la relazione è un mezzo di autoscoperta, poiché
la relazione equivale ad essere; essa è l’esistenza. Senza relazione, io non
sono.
Per comprendermi, devo comprendere la relazione. La
relazione è uno specchio nel quale posso vedere me stesso.
Tale specchio può essere distorto, oppure può essere
“com’è”, riflettendo ciò che è.
Ma la maggior parte di noi nella relazione, in
quello specchio, vedono solo ciò che preferirebbero vedere; non vedono ciò che
è. Preferiamo idealizzare, evadere, vivere nel futuro piuttosto che comprendere
quella relazione nel presente immediato.
Ora, se esaminiamo la nostra vita, il nostro
rapporto con gli altri, vedremo che si tratta di un processo di isolamento.
In realtà non ci occupiamo l’uno dell’altro; e
sebbene se ne parli moltissimo, in realtà non siamo interessati agli altri.
Restiamo in rapporto con gli altri finché tale
rapporto ci offre un vantaggio, un rifugio, finché insomma offre soddisfazione.
Ma nel momento in cui vi è disturbo nel rapporto, tale da produrre in noi
disagio, scartiamo quel rapporto.
In altri termini, vi è rapporto soltanto finché se
ne trae qualche remunerazione.
Ciò può sembrare sgradevole, ma se esaminerete la
vostra vita da vicino, vedrete che è un fatto; ed evadere a un fatto significa
vivere nell’ignoranza, attraverso la quale non si porrà mai alcun vero
rapporto.
Se guardiamo entro le nostre vite e consideriamo la
relazione, vediamo che si tratta di un processo fatto per costruire una
resistenza contro gli altri, di un muro al di sopra del quale osserviamo e
guardiamo gli altri.
Ma quel muro lo manteniamo sempre, e restiamo dietro
di esso, si tratti di un muro psicologico, di un muro materiale, di un muro
economico o di un muro nazionale.
Finché vivremo nell’isolamento, al di là di un muro,
non vi sarà rapporto con gli altri; e vivremo rinchiusi, perché ciò è assai più
soddisfacente, perché riteniamo che sia di gran lunga più sicuro.
Il mondo ci spezza a tal punto, vi è tanta angoscia,
tanto dolore, guerra, distruzione, miseria, che desideriamo evadere, e
trincerarci all’interno dei muri di sicurezza della nostra personale
psicologia.
Così la relazione per la maggior parte di noi è in
realtà un processo di isolamento, e ovviamente tale relazione costruisce una
società pur essa isolante.
È esattamente quanto accade in tutto il mondo: si
resta in isolamento e si tende la mano di là dal muro, chiamandolo
nazionalismo, fraternità o ciò che volete, mentre in concreto i governi
sovrani, e gli eserciti, continuano.
Seguitando ad aggrapparsi alle proprie limitazioni,
si pensa di poter creare l’unità mondiale, la pace mondiale: il ché è
impossibile. Finché vi sarà una frontiera, sia essa nazionale, economica,
religiosa, o sociale, è ovvio che non potrà esservi pace nel mondo.
Il processo dell’isolamento fa parte del processo
del perseguimento del potere; lo si persegua individualmente o in nome di un
gruppo razziale o nazionale, l’isolamento è inevitabile, perché il desiderio
stesso di potere, il desiderio di acquisire posizioni, è separatismo.
Dopo tutto è ciò che ciascuno di noi vuole, non è
così ?
Ciascuno vuole una posizione di potenza dalla quale
dominare, sia in casa propria, sia in ufficio, sia in un regime burocratico.
Tutti cercano il potere, e cercandolo fondano una società che si basa sul
potere, militare, industriale, economico e così via: il che è, pur esso, ovvio.
Non è forse isolante, per sua stessa natura, il
desiderio di potere?
A me pare di estrema importanza intendere questo
punto, poiché chi miri alla pace del mondo, chi persegua un mondo nel quale non
vi siano guerre, non vi sia spaventosa distruzione, non vi sia più miseria
catastrofica a scala incommensurabile, deve comprendere questo problema
fondamentale: non sembra anche a voi ?
Chi prova affetto e gentilezza non ha alcun senso di
potere; e pertanto un uomo di questo tipo non è legato ad alcun nazionalismo, a
nessuna bandiera. Non ha bandiere. La vita in isolamento non esiste: non vi è
un paese, non vi è popolo, non vi è individuo che possa vivere isolato; eppure,
poiché si cerca il potere in tanti modi diversi, si alimenta l’isolamento.
Il nazionalista è una vera maledizione perché,
proprio a causa del suo spirito nazionalistico e patriottico, crea un muro di
isolamento. Si identifica a tal punto con il proprio paese, da costruire un
muro contro un altro paese.
Che cosa accade quando si costruisce un muro contro
qualche cosa ? Accade che quella cosa
batte continuamente al vostro muro.
Quando si resiste a qualcosa, la stessa resistenza
dimostra che ci si trova in conflitto con l’altro. Perciò il nazionalismo, che
è un processo di isolamento, derivante dal perseguimento del potere non potrà
portare al mondo la pace.
Chi sia nazionalista e parli di fraternità mente;
vive in contraddizione.
Si può vivere al mondo senza desiderare il potere,
senza voler attingere una posizione di autorità ?
Senza dubbio, si può. E lo si fa quando non ci si
identifica con qualche cosa di più grande. Quest’identificazione con qualcosa
di più grande di noi – un partito, un paese, una razza, una religione, Dio – è
perseguimento del potere. Poiché, se in voi stessi sarete vuoti, sordi, deboli,
vi piacerà identificarvi con qualcosa di più grande di voi; e tale desiderio di
identificazione equivale al desiderio di potere.
La relazione è un processo di auto-rivelazione, e,
se non si conosce se stessi, i modi del proprio cuore e della propria mente,
avrà ben poco significato la fondazione di un ordine esteriore, di un sistema,
di una forma intelligente.
Ciò che importa è comprendere se stessi in relazione
con gli altri.
Allora la relazione diventa non un processo di
isolamento, ma un movimento nel quale si scoprono i propri stessi motivi, i
propri pensieri, le proprie tendenze; e questa scoperta in se stessa è l’inizio
della liberazione, l’inizio della trasformazione.
Testo tratto dal libro " La prima ed ultima libertà"
Copywrite
1954 Krishnamurti Writings, inc., Ojai , U.S.A.
1969 Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma